Giuseppe Maietta di Novaudio, detto Joe, è un inguaribile romantico. Avendo in prova le sue Classic Eight mk3, prossimamente su queste pagine, nel cercare di capirne le forti motivazioni sono venuti fuori pensieri, ricordi e, in generale, un così nutrito scambio di argomenti che abbiamo voluto concretizzare il tutto nella forma dell’intervista “si faccia una domanda e si dia pure una risposta”. Continuate la lettura e scoprite quanto è bello e utile avere una prospettiva su quanto è successo nell’Hi-Fi, che può soprattutto servire per fare scelte meglio ponderate oggi stesso.
Domanda: Joe, la tua è una passione o un lavoro?
Giuseppe Maietta: Non riesco a pensare a un lavoro non alimentato da una passione… Al mattino, appena sveglio, corro al laboratorio per raggiungere i miei giocattoli.
Domanda: Giocattoli?
Maietta: Sì, credo che la dimensione creativa maschile sia quella del gioco… Crescendo cambiamo solo i giocattoli. Del resto, quando vogliamo ascoltare la musica, premiamo il tasto Play.
Domanda: Da quando “giochi” quindi con l’audio?
Maietta: Da quando ho cominciato a conoscere la musica, o meglio, il suono. Da bambino vivevo a Napoli, mi svegliavo con l’odore del caffè sulle note di qualche romanza. In casa avevamo un grammofono storico, un La Voce del Padrone – NdR | Emanazione nostrana della britannica His Master’s Voice. Usavamo scambiare i “pacchi” con gli zii emigrati in America e in Inghilterra. Noi gli mandavamo “ò ccafè”, le confetture di marmellata e i sottoli. Loro ci restituivano il favore con thè, dischi e dell’insulso cioccolato alla menta. Arrivati alla metà degli anni ’70 scoppiò la febbre per l’Hi-Fi. Tutti avevano un impianto audio in casa. In tante case non c’era ancora la lavatrice ma il mitico Stereorama 2000 non doveva mancare. Nel frattempo, il La Voce del Padrone era stato sostituito da uno stupendo mobile sonoro della Telefunken con giradischi e radio. Mio padre era solito invogliarmi con delle “carote” per il raggiungimento di obiettivi all’università. Quindi, in occasione di un esame molto impegnativo a Ingegneria, alzai la posta: un impianto Hi-Fi! Così arrivò un impianto costituito da un giradischi Acoustic Research XB1, un integrato Sansui AU7700 e una coppia di casse RCF BR35. Nel condominio abitava uno steward dell’Alitalia che faceva i voli intercontinentali. Quando andava in America gli chiedevo sempre qualche disco. Ricordo ancora i lucciconi quando, tornato da Los Angeles, mi portò Surrealistic Pillow dei Jefferson Airplane. Il resto è stato solo una conseguenza di questo forte imprinting.
Domanda: Vuoi dire che la tua vita è stata condizionata dagli studi?
Maietta: Al contrario, sono stati gli studi a essere condizionati dalla passione. Alle elementari avevo già deciso cosa fare. Saltellando fra le facoltà di Ingegneria e Fisica sono riuscito a ottenere le conoscenze che mi occorrevano. La seconda metà dei ‘70, pervasa com’era da un senso di libertà, emancipazione e soprattutto d’indipendenza, condizionò indirettamente anche altre scelte di vita. Quindi, parallelamente agli studi, cominciai a lavorare come responsabile del reparto dischi e Hi-Fi in un negozio di elettrodomestici. Avevo a disposizione decine di modelli di diffusori da studiare a fondo… e in più mi pagavano! Eravamo in pieno boom economico dell’Hi-Fi… Si vendevano quattro o cinque impianti al giorno per sei giorni a settimana. Senza considerare le festività natalizie, nelle quali si sospendeva la vendita degli elettrodomestici per dedicarci tutti all’Hi-Fi.
Domanda: Com’è arrivata l’Hi-Fi in casa Novaudio?
Maietta: Alla fine degli ‘80 lasciai definitivamente Napoli e il mondo dell’Hi-Fi a favore del più redditizio mondo delle costruzioni. Lavorando presso un’azienda italiana di grandi opere pubbliche pensavo di essermi finalmente rilassato. Ma, si sa, le passioni sono come i peperoni: prima o poi ritornano su… Dopo qualche anno di cantieri, ponti, dighe e autostrade ero veramente stufo, non ne potevo più. Avevo continuato a coltivare la passione progettando sistemi audio per qualche studio d’architettura, al punto di creare una linea di complementi d’arredo a marchio Novaudio che comprendeva anche mobilio sonoro: mi ricordavano i Grundig e Telefunken della mia adolescenza. La nota SPA, diffusa in tutto il mondo DiY – si ascoltava musica con una coppia di Dynaco-A25. Discutevamo sulle mode che avevano condizionato il mercato dei diffusori acustici, creando un vero e proprio buco nella memoria storica. Il prestigioso lavoro svolto da aziende come AR, Dynaco, Epicure, Genesis, Heybrook, Infifinity, RCF e Snell era ormai andato perso… Analizzando il successo di quei prodotti individuammo due fattori comuni determinanti. Il suono, riconoscibile immediatamente, caratterizzato da equilibrio tonale, naturalezza e totale mancanza di fatica d’ascolto. E l’accessibilità economica di tipo “sociale”. Cominciammo quindi ad anatomizzare le caratteristiche e le tecnologie comuni ai modelli tipo AR 18/28/38, RCF BR 33, EPI A110, Snell K, Heybrook, Dynaco A25, Rogers Ls3/5A. Dopo lunghe discussioni fissammo tre punti comuni:
1. sospensione pneumatica
2. due vie
3. rapporto suono/prezzo
A quel punto mi venne in aiuto da lassù il conterraneo Massimo Troisi con la famosa gag portante del film Ricomincio da tre. Partendo da questi tre concetti progettai la Classic Eight, il primo diffusore Hi-Fi a marchio Novaudio. Mi licenziai dall’azienda di costruzioni e, con la liquidazione, partii col progetto Novaudio Classic.
Domanda: Come hai ottenuto quella che tu hai definito “accessibilità economica” di cui parlavi?
Maietta: Realizzare un buon diffusore, ammesso che ci si riesca, non è più sufficiente. Negli ultimi quarant’anni il mercato è completamente cambiato e non solo per l’arrivo di Internet. Analizziamo le differenze del mercato tra la fine degli anni ‘70 e l’attuale: Seppur bensuonanti, i diffusori di brand erano costruiti in estrema economia ma in rapporto costavano molto per l’epoca ma molto meno rispetto agli attuali. Mobili in truciolare, rivestimento vinilico simil-legno, componenti del crossover molto economici: condensatori elettrolitici, induttanze scarsine, cestelli degli altoparlanti in lamierino di ferro stampato. Nonostante ciò una coppia di AR38 nel 1979 costava quanto un mio stipendio mensile, che non era proprio basso. Non esisteva il ritiro dell’usato. L’impianto si teneva fino a quando si regalava al figlio/nipote/amico/neofita come ingresso nel mondo della musica. Oggi l’usato ritirato in permuta spesso rimane parcheggiato nei negozi per anni. Di conseguenza i listini devono prevedere una percentuale che consenta di ammortizzare l’acquisto/accollo del prodotto preso in permuta. In Italia c’era una sola mostra Hi-Fi l’anno, il Top Audio, e nel mondo intero si contavano sulle dita di una mano. Nonostante ciò, aziende mai viste a una mostra vendevano ugualmente. Al negozio bisognava essere un po’ talent scout. Ricordo l’ostinazione e le lunghe chiamate telefoniche per avere in negozio una coppia di IMF Compact Monitor mentre la maggioranza dei colleghi rivenditori si contendevano improbabili diffusori asiatici. Inoltre, i clienti sceglievano per lo più i diffusori con le proprie orecchie, secondo i propri gusti musicali ed esperienze, senza seguire mode o condizionamenti esterni, confrontandoli nel negozio. Le pubblicità erano più rare e costavano molto, ma molto meno. Il costo della distribuzione, avendo spese minori, era decisamente inferiore. L’intera catena di sconti era inferiore. Ricordo che negli anni ‘80 era già difficile effettuare al cliente il 10% di sconto dal listino. Se oggi è consuetudine, per alcuni, applicare uno sconto di più del 30% dal listino significa che il listino deve essere formulato per consentire quello sconto. A parte la qualità del suono, oggi si pretende un mobile in vero legno con un’estetica ricercata; distribuzione capillare; prove su riviste internazionali, ovviamente tutte positive; influencer entusiasti della tridimensionalità del suono del triangolo e del realismo del colpo di cannone nella Overture 1812 di Tchaikovsky; un’assistenza che chiuda qualche occhio sul tweeter distrutto dal bambino o dal cane sostituendolo in garanzia. E infine… lo sconto, almeno del 30% dal listino. La pubblicità sulle quattro facciate patinate di copertina delle maggiori riviste ha reso famoso qualche marchio, ma alla fine chi paga il costo di quelle pubblicità? Questi costi aggiuntivi ormai surclassano di gran lunga quelli del prodotto. Ciò comporta la rimodulazione dei listini, dove il prodotto stesso ormai incide in minima parte. Del resto, se l’idea più diffusa è “vale quanto costa” ne consegue che “più costa, più vale”.
Domanda: Come è riuscita allora Novaudio a trovare la quadratura del cerchio?
Maietta: Realizzare un design “sociale” è molto complicato ma non impossibile. Quante volte abbiamo ascoltato la frase “i costi dell’Hi-End hanno allontanato migliaia di persone dal mercato”? A maggior ragione in questi giorni possiamo dire che, la crisi economica post pandemica, è un’altra occasione per rivoluzionare ciò che funzionava male. Eliminando alcuni costi aggiuntivi dal listino si può dare priorità alla qualità produttiva, alla Ricerca & Sviluppo e abbassare notevolmente il prezzo al pubblico. Ciò mi ha consentito di usare le migliori tecnologie negli altoparlanti, un’impeccabile lavorazione d’ebanisteria, persino nell’imballaggio, e assemblare finanche i crossover punto a punto, pur mantenendo un costo basso in relazione alla – spero – qualità del prodotto. Ho deciso di lavorare senza pensare ai numeri, senza inseguire le mode. Pochi pezzi fatti bene, lentamente, per durare a lungo nelle case di audiofili “adulti”. Sto completando la realizzazione di un’organizzazione più snella con meno passaggi possibili. Del resto, una volta ascoltati i diffusori, dalla soddisfazione all’acquisto oggi basta un click. Una rete di punti dimostrativi che diano la possibilità di ascoltare il diffusore nelle migliori condizioni possibili. Ci sarà informazione e documentazione scientifica online ma stando ben attento ad alcune dinamiche negative che imperversano sui social. Un solo prezzo per tutti, senza più dubbi ed estenuanti trattative.
Domanda: Quindi i negozi e i distributori non serviranno più?
Maietta: No, anzi, è tutto in continua evoluzione. I grandi marchi consumer si stanno affidando sempre di più ai gruppi d’acquisto dei supermercati dell’elettronica. Tanti negozi si stanno trasformando in agenti e tanti distributori hanno ormai i loro negozi. Si adocchia un prodotto che viene ritenuto interessante e, contattando direttamente l’azienda, si riesce a venderlo con esclusiva territoriale ottenendo un prezzo al pubblico più appetibile e un utile migliore. Ovviamente c’è bisogno di pianificazione, investimenti economici e organizzativi.
Domanda: I grandi marchi nel mercato globale hanno perso molta della loro funzione di garanzia e molti audiofili si indirizzano verso prodotti artigianali, creati con una cura non condizionata da esigenze di standardizzazione di prodotti seriali. Con quali argomenti li convinceresti a preferire i tuoi prodotti ad altri, sempre di origine artigianale?
Maietta: Alcuni marchi storici sono stati acquistati esclusivamente per acquisirne l’immagine e la clientela, ma è rimasto ben poco dei progetti originali, solo numeri da supermercati. Qualche azienda ha fatto la scelta opposta: lavorazione artigianale, piccoli numeri, qualità elevata. Estremizzando il concetto, non paragonandomi a successi ben superiori, basta notare i piazzali pieni di auto invendute mentre la lista d’attesa per una Ferrari è sempre di più lunga. Contrariamente al settore automobilistico, dove bisogna investire svariate centinaia di milioni di euro, le cifre da investirenell’audio sono molto più contenute e anche una piccola azienza con pochi dipendenti può realizzare prodotti di altissimo livello.Secondo me pionieri come Willi Studer o Bartolomeo Aloia, per esempio, hanno realizzato oggetti che dopo quarant’anni sono ancora ai vertici della riproduzione sonora. Tanti audiofili veterani, ormai con i capelli bianchi, non sono più disposti a sostituire continuamente prodotti consumer creati con obsolescenza programmata a breve. La mia Novaudio, con la linea Classic, ha fatto una scelta chiara: reinventare il classico. Raccogliere l’eredità riprogettandola alla luce delle più recenti possibilità tecnologiche. Analizzando l’attuale produzione di woofer, per esempio, è sempre più difficile trovare woofer idonei a una sospensione pneumatica. Per realizzarne quindi uno adatto al mio progetto sono partito da un antico capolavoro: un woofer da 8” di un notissimo diffusore in lamierino d’acciaio stampato, membrana in carta e sospensione in foam. L’ho ripensato utilizzando un cestello in lega, una membrana in carta leggerissima con un trattamento che la irrigidisce e la impermeabilizza e una sospensione in schiuma poliuretanica di ultima generazione. Questa soluzione ha consentito al woofer di scendere in frequenza riducendo sensibilmente il volume del mobile e raggiungendo ben i 5 kHz mi ha permesso di utilizzare un tweeter da .” con caratteristiche di dispersione decisamente migliori di quelli da 1”. Anche su questo componente ho lavorato partendo da un’ottima base di origine nordeuropea. Intervenendo sul coating della cupola e sul damping si è raggiunto la ragguardevole linearità di +/-2,5 dB dai 2,5 kHz ai 17,5 kHz. Al crossover, vero cuore del sistema, è stata posta la massima attenzione. Si è scelta una realizzazione senza compromessi, con componenti saldati a mano punto a punto e incollati elastomericamente a un supporto in multistrato di betulla, riducendo così le microfonicità residue. Le induttanze avvolte in aria a bassissima resistenza, i condensatori di qualità audiophile e l’unica resistenza presente di tipo antinduttivo contribuiscono a minimizzare l’impatto sulla sensibilità del diffusore. Superando gli 89 dB su 8 ohm i Classic Eight mk3 possono esprimersi al meglio anche con amplificatori valvolari di pochi watt. Nella fase dei rigorosi test sono stati utilizzati anche amplificatori Single Ended con valvole 300B da 8,5 watt per canale creando un’esperienza sonora ormai rara.
Domanda: E sta funzionando? Quali sono le prime impressioni di questa rivoluzione?
Maietta: Il profilo degli acquirenti mi sta incoraggiando a proseguire su questa strada. Qualche direttore d’orchestra, per esempio. Da uno di questi sono partiti i suggerimenti che ha fatto nascere la versione Classic Eight MK3. Il professionista in questione aveva portato un CD che conosceva benissimo, avendo diretto personalmente quel concerto. Ha riconosciuto con esattezza non solo la timbrica ma la posizione degli archi e dei fiati nello spazio. Tanto di cappello alla registrazione, ma ciò non accadeva con quella precisione sui suoi “blasonati” diffusori dal costo immobiliare. Due noti studi di registrazioni hanno sostituito gli “storici” monitor due vie e woofer otto pollici. Una nota label italiana che produce solo su nastro magnetico ha adottato le Classic Eight come nearfield. Professionisti, dunque, che conoscendo bene il suono reale lo riconoscono come tale. Sarò antico, ma per me Hi-Fi significa ancora “altamente fedele alla realtà”. Non riesco a capire chi mi chiede acuti o bassi diversi da quelli presenti nella registrazione: il flauto deve avere il suono del flauto, la viola quello della viola, la distorsione di una chitarra elettrica deve distorcere e, specialmente nel basso, devo poter decifrare l’articolazione delle note, non un generico boom-boom.
Domanda: Ci saranno altri modelli? O addirittura una più ampia linea Classic?
Maietta: Ci saranno nuovi modelli. Oltre la Classic Eight, arrivata ormai alla terza generazione, ci sarà un modello da pavimento a tre vie con la ripresa di un mobile direi addirittura geniale ideato dalla Infinity più di quarant’anni fa e un modello ad alta efficienza da pavimento un po’ diverso, accordato in bass-reflex. Anche la linea Control si arricchirà di nuovi modelli sia passivi che attivi.
Domanda: Come sappiamo i diffusori sono solo la parte finale di un impianto Hi-Fi, avresti dei consigli da dare per i necessari accoppiamenti di sistema?
Maietta: I diffusori sono spesso considerati il componente determinante all’interno della catena d’ascolto. In realtà, la catena deve essere composta da anelli con caratteristiche affini. il buon suono di un impianto Hi-Fi non è altro che il risultato sinergico dei suoi componenti. Sono un fan di una catena con pochi anelli ben equilibrati. Il mio setup di riferimento è uno Studer A810 con nastri master, un finale di potenza e una coppia di diffusori. Non è il budget a determinare il suono del sistema e non è assolutamente scontato che acquistando gli elementi più costosi e blasonati si ottenga automaticamente un suono eccezionale. Agli elementi della catena bisogna aggiungere: ambiente, esperienza, pazienza. Se ti accorgi che stai ascoltando i componenti dell’impianto evidentemente c’è qualcosa che non va. Se hai la pelle d’oca e gli occhi lucidi l’impianto sta facendo bene il suo lavoro. Il mezzo, non il fine, dunque.
Domanda: Che pensi della tendenza al vintage, visto che noi certi prodotti li abbiamo visti in prima visione?
Maietta: Giusto, facciamo qualche considerazione sull’usato. Secondo me la moda del vintage tende a soddisfare più la voglia di mostrare che quella di ascoltare, rincorrendo spesso il “buon affare”. Ma c’è bisogno di esperienza, tanta esperienza, per non incappare nel cosiddetto “pacco”. Un giradischi tenuto bene, dopo un attento smontaggio, pulizia, manutenzione, rimontaggio e taratura – ed è proprio qui che occorrono capacità e competenze – può essere un affare. Ma con un CD player, per esempio, le cose cambiano. Il gruppo di controllo laser ha una durata media di 5mila ore, Philips Pro 2 a parte che può arrivare a 15mila, e se non conosciamo la disponibilità e i costi dei ricambi, sostituzione e taratura, può essere un pessimo affare. Per gli amplificatori e i finali di potenza, come su buona parte delle elettroniche, abbiamo componenti con durata a scadenza come i condensatori, per esempio. Mediamente hanno una durata di 3/4mila ore e quattro condensatori d’alimentazione da 47.000 μF a 100 volt di un amplificatore finale, per esempio, non costano proprio due euro. Per ciò che concerne i diffusori, nonostante l’indubbio fascino e le caratteristiche sonore tuttora superiori a tanti diffusori contemporanei, c’è da fare qualche riflessione. Una cosa è che funzionino, ben altra è che suonino come quand’erano nuovi. Decenni fa i crossover avevano dei pessimi condensatori elettrolitici e quindi vale lo stesso discorso fatto per gli amplificatori. Il ferrofluido del tweeter, con la temperatura e col tempo, tende a solidificare e, diventando appiccicoso, limita drasticamente l’escursione dell’equipaggio mobile. I magneti sono afflitti da una costante perdita di carica magnetica, che col tempo diventa causa della modificazione dei parametri Thiele/Small. Valutando i costi dei ricambi con tecnici di consolidata esperienza va ponderata la convenienza del restauro. Va pure considerato che alcune aziende hanno portato il costo del nuovo molto, ma molto, vicino a quello di un buon usato. A chi è agli albori del percorso verso l’Hi-Fi, ha disponibilità economica e si diverte a sostituire continuamente i componenti dell’impianto, auguro buon divertimento: anche questo fa parte del gioco. Se invece siete audiofili “adulti e navigati”, più interessati alla Musica che all’impianto, dedicate più tempo all’ascolto. Acquistando magari con calma un componente per volta, e non necessariamente trendy o blasonato.